Villa ARCI Cepam

L’ex Villa OMI-Reggiane ora Arci-Cepam

All’inizio, nel XVI° secolo, era uno dei tanti casini di caccia sparsi per l’immensa pianura, con la particolarità di essere poco distante dalla città.

Poi nel 1794 la trasformazione, con ampliamento del braccio a ovest, in villa borghese, probabilmente una villa delle delizie usata solo d’estate.

Infine, nel XX° secolo, testimone della radicale trasformazione di Reggio Emilia, prima ai margini poi al centro del primo insediamento industriale reggiano; quelle officine meccaniche reggiane fondate da Rivi nel 1901 che diedero l’impulso alla vocazione manifatturiera reggiana. Ne diventò la villa del Direttore e così rimase fino all’ultima guerra. Successivamente frammentata in vari alloggi, per dare risposta alle esigenze abitative dell’immediato dopoguerra, finì per essere abbandonata definitivamente alla fine degli anni ’60 e consegnata ad un oblio di alcuni decenni.

Ora, con questo restauro, si è avviato il suo totale recupero alla vita della città, con una funzione nobile (scuola di musica e sede di associazioni culturali all’interno del futuro cuore tecnologico della città) come si addice ad un monumento di tale importanza per la storia della città.

Il restauro ha dovuto fare i conti e risolvere la secolare lotta di questo edificio con il suo più temibile nemico: l’acqua di una falda superficiale che ne aveva indebolito le fondamenta e le murature portanti; ha anche eliminato tutte le varie frammentazioni per restituire l’ariosità degli ampi spazi con cui è stato concepito: in primis i due saloni e le grandi stanze laterali del corpo principale, il più antico.

Il rispetto e la riverenza per questa storica testimonianza è evidenziata anche dal restauro delle parti decorative pittoriche ritrovate, anche se per lo più di recente fattura, cioè fine XIX secolo.

Si è cercato di limitare il più possibile i nuovi inserimenti per consentire di leggere l’edificio nel suo splendore e nelle sue particolarità. Quali, ad esempio, il ritrovare la vecchia cappella di famiglia e metterla in evidenza, il riproporre l’originaria varietà dei colori delle stanze, il riproporre le nuove pavimentazioni in marmette con i decori delle precedenti, non recuperabili, oppure riproporre il cotto o il legno dove erano stati rilevati come originari dell’ultima ristrutturazione storica, cioè il 1927/1930.

L’esterno non aveva bisogno di molto, qualche pulizia delle fasce monumentali, il nuovo intonaco a spruzzo in luogo del vecchio ammalorato; i colori sono quelli dei materiali leggermente velati, sobri ma eleganti.

Ora questa antica testimone della nostra storia è pronta per affrontare una nuova vita, colta ed elegante e con una particolarità nuova: al centro della città futura.